Da DPCServizi | Gio, 03/30/2023 - 19:33

Nel centro del paese, dove un tempo sorgeva il foro romano, si eleva su un’ampia gradinata la chiesa rinascimentale di Santa Maria Assunta (S. Maria in Platea o in Piazza) ricostruita nel 1490 da Onorato II e consacrata nel 1508 dal vescovo Nicola Pellegrino, già arciprete della stessa, come da iscrizione sulla porta della sagrestia. Ha facciata a cortina di pietra, di travertino, con tre portali, dei quali il mediano, più grande (m. 3 X 4,60), con ricche candeliere e stemmi dei Caetani; al disopra di esso, una lunetta contenente il gruppo marmoreo della Vergine col Bambino in trono, Santa Caterina d’Alessandria e il committente Onorato II Caetani d'Aragona genuflesso orante.
La facciata è fiancheggiata a sinistra dalla torre campanaria, con la base aperta a fornice (sottopassaggio) in arco acuto secondo la tradizione laziale; il primo piano intermedio dotato di bifore trilobate e cella munita di graziosissime bifore gotiche, le une e le altre con colonnine tortili, basette e capitelli ad apici accartocciati e cuspide piramidale su dado ottagono. L’interno è a croce latina e a tre navate divise da pilastri quadrati, con archi dissimili tra loro, e tre absidi poligonali. Agli ultimi pilastri sono appoggiati due amboni di finissimo marmo bianco in forme rinascimentali, con gli stemmi dei Caetani (tre per ambone). Nel transetto sinistro, entro arcata, grazioso ciborio del 1491: figura di Gesù in rilievo tra gruppi di angeli; in fondo a quello destro, altra arcata simile, con altare dedicato alla Madonna del Cielo, del 1613.
Tra i dipinti, è notevole la pala d'altare raffigurante la dormizione e l'Assunzione di Maria di scuola napoletana nell’abside cinquecentesca, che lo Schultz giudicava di stile del Criscuolo, pittore gaetano (1507-1584), del quale esistono il gran polittico nell’Annunziata di Gaeta e tele (1531) nell’oratorio annesso. Due altri trittici conserva la chiesa nella navata sinistra realizzati da Giovanni da Gaeta: una Natività (1460-1470) tra San Marciano e San Michele Arcangelo, e la Pietà tra angeli e simboli della Passione. Il polittico di Gabriele da Feltre, "Trinità tra i Santi Giacomo e Giovanni" (1569, olio su tavola, 370 x 270 cm).Si trova nella cappella dello “Spirito Santo” o “cappella Saratto”, sul primo altare a destra, raffigura l’Eterno tra S. Giacomo e S. Giovanni Evangelista; nella cimasa, a lunetta, la Vergine col Bambino tra S. Onorato e S. Sebastiano; nella predella, Dottori della Chiesa. È firmato Gabriel Feltrensis (Gabriele da Feltre).
Tutti i fondani sono estremamente devoti alla Beata Vergine Maria del Cielo, tanto che nel corso dell’anno le rendono omaggio in diverse occasioni legate, secondo gli antichi racconti, all’intervento prodigioso della Madonna durante eventi calamitosi: il 13 gennaio a ricordo del terremoto del 1915 che non fece vittime in città; il 7 giugno a conclusione del mese mariano di maggio; il 10 settembre in occasione dell'anniversario della liberazione dalla piaga del colera del 1854. La statua lignea della Madonna del Cielo venne ricavata da un unico legno d’ulivo e realizzata dallo scultore partenopeo Giovanni Battista Amato pare su commissione e devozione di Beatrice Ottinelli, nobildonna napoletana residente in Fondi che nel 1613 la fece collocare nella Chiesa di Santa Maria (oggi Santuario). Ma da alcune evidenze documentali è emerso che forse fu proprio la città di Fondi a commissionarla in segno di devozione verso la Vergine. Nel XVII secolo la statua venne posizionata nella nicchia sulla destra dell’altare maggiore e si narra che durante l'ultimo conflitto mondiale, una grossa bomba cadde a pochissimi metri da Lei ma che miracolosamente non subì alcun danno. La statua viene portata in processione ogni venticinque anni a partire da quella drammatica estate del 1854, quando imperversava il terribile morbo del colera, che fece decine di vittime al giorno. La gente pensò in quell'occasione di portare eccezionalmente la Madonna per i vicoli e le piazze della città, quasi a volerle fare toccare con mano la tragedia e, poco dopo, il morbo cessò come d’incanto.